Napoli rifiuta la guerra e i suoi aguzzini: prospettive libertarie

Oltre 2500 anni fa nasceva Neapolis, una città che, con tutte le sue caratteristiche, caotiche, liquide o piroclastiche che siano, prova a rappresentare nella sua eterogeneità il Gruppo “Francesco Mastrogiovanni” della FAI; ed è proprio questo senso collettivo di appartenenza alla stessa “croce”, a trovarsi a vivere lo stesso destino, che ha reso quasi spontaneo il bisogno di ripudiare la guerra, chi la finanzia e chi la fa per i suoi progetti d’impero e colonia d’apartheid.

Il 26 e 27 maggio il vertice NATO sulla sicurezza del Mediterraneo apriva infatti ufficialmente le celebrazioni del venticinquesimo centenario della fondazione di Napoli, primo appuntamento del programma ideato dal Comitato Nazionale Neapolis 2500, istituito dal Ministero degli Affari Esteri e dal Ministero della Cultura, e la città ha dato la sua risposta.

Alcune migliaia sono state le persone d’ogni estrazione della galassia socialista e comunista radicale che, il 27 maggio, si sono aggregate e hanno marciato in sostegno alle popolazioni affette dal cancro della guerra e contro i suoi patriarchi. Il corteo è partito da Piazza del Gesù per giungere fino al Palazzo della Prefettura in Piazza Plebiscito, dove le persone si sono scontrate con le forze coercitive dello stato repubblichino italiano; nel frattempo lǝ disoccupatǝ del Movimento 7 Novembre, molto radicati nell’area flegrea, hanno occupato la sede del consiglio comunale in via Verdi, nei pressi di piazza Municipio e affisso striscioni di solidarietà alla popolazione palestinese.

Chi sono però gli aguzzini contro cui si manifestava, aguzzini in questo caso occidentali ma anche più prettamente mediterranei? Innanzitutto a organizzare l’evento è stata la NATO, anche conosciuta come OTAN, Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, nata nel 1949 come nucleo d’opposizione al blocco bolscevico. Attraverso questa opposizione, la NATO ha portato grande destabilizzazione, e soprattutto morte, al mondo intero, come nell’America Latina con le guerre cosiddette “illegali” (come se la legalità o meno di una guerra ne determinasse l’etica e la moralità), a Cuba nel 1961 e in Nicaragua nel 1981, o in Eurasia e nell’Asia Occidentale, dove, dal 1953 fino a oggi, la NATO (ma non solo) ha attaccato direttamente o con proxy l’Iran (attacco funzionale poi all’istituzione della teocrazia iraniana e all’Iran Contra Affair), l’Iraq, l’Egitto, l’ex Jugoslavia (Bosnia), la Libia, l’Afghanistan, la Palestina, la Siria e l’Ucraina; queste ultime tre sono chiaramente i tre luoghi in cui le azioni o influenze di questa organizzazione sono proprio ora in pieno svolgimento.

L’incontro è stato poi aperto a paesi partner dell’Euromed, nel quale ricordiamo ci sono anche componenti della socialdemocrazia autoritaria europea come il PSOE spagnolo, il PSD portoghese e il Partito Laburista maltese. Paesi come Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Israele, sono tutti a loro modo interni a una dialettica imperiale (al giorno d’oggi multipolare) di apartheid coloniale, facendo le veci del nord globale per favorire le sue mire suprematiste di controllo culturale, ecologico, di genere e socioeconomico. Tutto ciò si traduce in quello che il Nord globale ha sempre avuto bisogno di attuare: la costante e placida pacificazione sociale del proletariato, ora sempre più precariato o disoccupato, e la riproduzione sociale della classe borghese attraverso uno stile di vita ora fittizio e performativamente cosmopolita, che continui a rinforzare i nazionalismi, ovvero la turistificazione del Mediterraneo, nel nostro caso specifico.

Napoli nello specifico è come pervasa da un miasma, che coinvolge ogni luogo e pertugio della città metropolitana, gli Air B&B, lǝ cui latifondistǝ hanno costruito una fantasia secondo cui un “decoro”, che brutalizza e sanifica la città da tutta la miseria (e le persone) che consegue proprio dall’azione del latifondismo urbano, e il susseguente profitto di pochǝ imprenditorǝ “intraprendentǝ” (cioè senza scrupoli) porterebbe benessere e ricchezza alla nostre ecologie (nel senso di Bookchin: microsocietà).

La ricchezza di un’ecologia è però tutt’altro e va ricercata nella fertilità delle sue connessioni de “l’ognunǝ” con il “tutto” e viceversa e la vita che se ne ricava costruendo un modo e un mondo diverso; nel concreto questo si può vedere negli orti comuni connessi attraverso i comitati di quartiere, nel sindacalismo di base e nelle lotte agli sfratti. Ma si deve andare anche oltre, bisogna ritornare a incontrare la miseria faccia a faccia nelle strade.

Alla guerra occorre rispondere con l’autodifesa internazionalista, apolide e agenere. Al profitto occorre la comunanza delle risorse, dei mezzi con cui utilizzarle e delle competenze necessarie. Allo stato e alla sua “internazionale nazifascista” va risposto con l’autodeterminazione dei corpi e delle ecologie, con l’autogestione e le comuni delle comuni. Al patriarcato sempre più feroce (tanto da imporre le sue dinamiche anche al movimento queer) va data risposta con educazione sessuale, cognizioni comunitarie dei concetti familiari e un senso d’amore che sia davvero olistico e consensuale.

Il movimento anarchico, tanto più quello italiano, deve ritornare alla propria tradizione militante, alla difesa dei luoghi abitativi, all’ascolto e supporto delle persone disabili, a un vero scambio generazionale che funzioni come una banca del tempo dell’anarchismo; a essere un movimento delle persone e per il mondo intero e non solo di alcune classi culturali, economiche e di genere.

Scrivendo nel giorno del compleanno di Mikhail Bakunin, il vero materialista astorico, l’augurio è che l’Utopia divenga la nostra bandiera del reale, che distrugga ogni distopia, a partire dalla guerra.

Gruppo anarchico Francesco Mastrogiovanni – F.A.I. – Napoli

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